Chiediamo nuovamente alle Istituzioni locali di aprire un tavolo sulla crisi del commercio. Il commercio non è una grande fabbrica dove sono concentrati tanti lavoratori, ma sono tante imprese sul territorio ed insieme la crisi determina una grande perdita di posti di lavoro, oltre ad impoverire il tessuto delle città, dei paesi e della montagna.
Le città ed i Paesi possono fare a meno dei negozi che sono insostituibili per la comunità, la sicurezza, la qualità della vita in generale? Il buon senso dice che non è possibile farne a meno, ma i commercianti non ce la fanno più.
I cittadini/consumatori assumono le decisioni di spesa orientandosi sempre più sul canale on-line. La libertà di scelta è indiscutibile. Ma bisogna anche riflettere sulle conseguenze dell’abbandono dei negozi di vicinato non solo per la desertificazione dei centri urbani. I denari che introitano i grandi gruppi di internet spariscono dai territori. I commercianti locali sono gravati da innumerevoli imposte, tasse, rispetto dei contratti di lavoro, adempimenti. I colossi on-line sono esenti o quasi.
Siamo consapevoli che anche i negozi di vicinato devono ammodernarsi, utilizzare internet e le nuove forme di comunicazione. E’ sbagliato lasciare soltanto ai grandi di internet le iniziative promozionali come il Black Friday. Verso i colossi non rinunciamo a chiedere il pagamento delle tasse, il rispetto delle leggi, il divieto di fare concorrenza sleale. La legge sui saldi va cambiata affinché non sia a ridosso delle festività.
Ma anche il commercio di vicinato, i mercati possono organizzare il proprio Black Friday se si costituiscono in rete. Fare rete significa impegnarsi per un cambiamento culturale e organizzativo. Resta il punto fermo del negozio, dove il valore aggiunto è il rapporto umano e la personalizzazione del servizio. Si innova con il servizio per il click and collect, cioè la possibilità di ordinare un prodotto online ma di poterlo ritirare in negozio dove completare l’acquisto. Uno dei nostri progetti denominato Connessioni è una prima risposta in quanto permette alle imprese di connettersi con altre e con privati per aumentare la visibilità ed il business.
Occorre incentivare i piccoli esercenti all’utilizzo del digitale. I negozianti possono abbracciare l’e-commerce. I social network sono il canale dove investire per la promozione della propria attività. Confesercenti ha elaborato Confacademy. Un prodotto studiato per settori di attività che prevede incontri periodici, che va nella direzione di dotarsi di una strategia digitale per il proprio negozio. Facebook, Instagram, Google sono gli strumenti principali per le attività e per ottenere maggiore visibilità sul proprio target di riferimento. E’ quindi fondamentale conoscere gli strumenti per raccontare il proprio negozio per avere successo nella vendita on line.
Progetti ed azioni mirate nei centri urbani con il duplice obiettivo di favorire la conoscenza delle peculiarità locali e creare presupposti per incentivare il commercio tramite l’aumento dei flussi, anche tramite le aggregazioni dei CCN “unico strumento riconosciuto dalla legislazione Regionale e Comunale vigente
Le Istituzioni devono condividere ed aiutare. Con il liberismo selvaggio vincono i grossi. E’ inutile, anzi ipocrita, spargere lacrime di coccodrillo di fronte alle saracinesche abbassate.
Non si inverte la moria dei negozi senza una strategia per far vivere il commercio dei piccoli negozi e dei mercati. Occorrono azioni concrete condivise con i Comuni, la Regione, il Governo nazionale.
Essere coerenti con la volontà di salvare il commercio di vicinato significa decidere concretamente in merito:
Alla diminuzione dei costi per i servizi e le tasse comunali – ridurre da subito in modo sostanzioso, la TARI, la TASI e la COSAP.
Mettersi al lavoro Comuni e Operatori per progettare la riqualificazione dei Mercati.
Aprire un rapporto nuovo con i cittadini/consumatori chiedendo loro suggerimenti e aspettative dal commercio di vicinato, dai mercati.
Occorrono anche risorse economiche per investire in formazione e progetti.
Per tutto questo cambiamento necessario le Associazioni economiche del commercio non possono essere lasciate sole perché non possono farcela senza l’impegno e la condivisione delle Istituzioni locali.
Il dato del PIL è veramente preoccupante. Si vive in un’economia stagnante, dove i consumi sono eternamente in calo. Il Governo nazionale deve attuare una politica economica per la crescita. I territori devono affrontare le ragioni della non crescita dell’economia, affrontando finalmente il tema delle infrastrutture e del piano strategico per la crescita. L’Italia e divisa tra dove ci sono moderne infrastrutture (il PIL cresce de 7%) e dove non ci sono. Occorre guardare all’oggi e anche a cosa saranno i territori nel 2030. Il Turismo è fondamentale per il commercio perché porta consumatori ed investimenti. Su questi temi chiediamo di confrontarsi con gli Amministratori locali e costruttivamente lavorare per salvare imprese e far crescere lavoro e benessere.
sg